mercoledì 20 marzo 2013
SAN BENEDETTO....la rondine sotto il tetto....
E così, cari amici, oggi è la festa del nostro Patrono: San Benedetto, che è anche il primo giorno di Primavera! Come la primavera è la stagione della rinascita e della luce, così San Benedetto ha rappresentato una rinascita della Chiesa e del modo d'essere cristiani, in un'epoca difficile e tumultuosa; ed è stato una vera luce di speranza, che illuminando i secoli "bui" dell'alto medioevo, trasmette fino ad oggi in tutto il suo fulgore lo splendore della sua Regola. Ricordiamo brevemente i tratti salienti della sua biografia.
Nel 480, quattro anni dopo che Odoacre, re degli Eruli, aveva deposto Romolo Augustolo, ultimo imperatore di Roma, proclamandosi a sua volta imperatore, nacquero i figli più illustri dell’antica Norcia: Benedetto e Scolastica. Forse fratelli gemelli, ciò che sappiamo della loro vita, lo dobbiamo al papa San Gregorio Magno, che ne traccia una biografia nel suo secondo libro de I Dialoghi, scritto negli anni 593-594 ed unica fonte storica che ci sia pervenuta. In verità, se San Gregorio Magno non ci dice molto di Scolastica, di Benedetto invece traccia una biografia che, malgrado l’evidenza dell’intento edificante più che storiografico, ci permette comunque di ricostruirne la straordinaria vicenda umana. Per quanto riguarda il profilo psicologico di Benedetto, ci basterà leggere quella Regula che egli stesso ci ha lasciato affinché possiamo cogliere nella sua interezza la profondità di questo grande Santo. Come riporta Gregorio Magno, “se qualcuno vuol conoscere a fondo i costumi e la vita del santo, può scoprire nell’insegnamento della regola tutti i documenti del suo magistero, perché quest’uomo di Dio certamente non diede nessun insegnamento, senza averlo prima realizzato lui stesso nella sua vita.” Benedetto trascorse gli anni dell'infanzia e della fanciullezza a Norcia, con ogni probabilità avvertendo l'influsso di coloro che già dal III secolo erano giunti dall'Oriente lungo la valle del Nera e in quella del Campiano. Scampati alle persecuzioni, essi avevano abbracciato una vita di ascesi e di preghiera in diretto contatto con la natura, in "corone" di celle scavate nella roccia facenti capo ad una piccola chiesa comune. Compiuti i primi studi, fu mandato a Roma a perfezionarsi nelle lettere e negli studi giuridici. In quegli anni, al comando di Teodorico re degli Ostrogoti, l’armata imperiale di Bisanzio sembrava aver ristabilito l’antico ordine; tuttavia i fasti della Roma imperiale erano ormai un pallido ricordo, e quello che era stato un faro di civiltà per l’intero mondo antico, aveva ceduto il posto ad una città in balìa della corruzione civile e della decadenza morale. Sconvolto dalla vita dissoluta della città, Benedetto “Aveva appena posto un piede sulla soglia del mondo: lo ritrasse immediatamente indietro..Abbandonò quindi con disprezzo gli studi, abbandonò la casa e i beni paterni e partì, alla ricerca di un abito che lo designasse consacrato al Signore.” Insieme con la sua nutrice, Cirilla, si ritirò nella valle dell'Aniene presso Eufide (l'attuale Affile), dove secondo la leggenda devozionale avrebbe compiuto il primo miracolo riparando un vaglio rotto dalla stessa nutrice. Il miracolo non passò certo inosservato, così che per neutralizzare il proprio orgoglio lasciò la nutrice e si avviò verso la valle di Subiaco, presso gli antichi resti di una villa neroniana là dove le acque del fiume Aniene alimentavano tre laghi. Qui incontrò un monaco, di nome Romano, di un vicino monastero che, vestitolo degli abiti eremitici, gli indicò una grotta impervia del Monte Taleo dov’egli visse da eremita per tre anni, fino alla Pasqua dell'anno 500. Conclusa l'esperienza eremitica, accettò di fare da guida ad altri monaci in un ritiro cenobitico presso Vicovaro, ma, dopo che alcuni monaci tentarono di ucciderlo con una coppa di vino avvelenato, tornò a Subiaco. Qui rimase per quasi trenta anni, predicando la Parola del Signore ed accogliendo discepoli sempre più numerosi, fino a creare una vasta comunità di tredici monasteri, ognuno con dodici monaci ed un proprio abate, tutti sotto la sua guida spirituale. Questo lungo periodo della sua vita fu costellato di miracoli, a tal punto che la sua fama giunse fino a Roma, e romani furono due tra i suoi primi discepoli: i nobili giovinetti Mauro e Placido. Tanta fama suscito l’invidia di un prete, Fiorenzo, che tentò per due volte di ucciderlo: la prima volta materialmente, portandogli in dono un pane avvelenato, e la seconda volta tentando di corrompere moralmente i suoi monaci chiamando delle prostitute. Così, per salvare i propri monaci, tra il 525 e il 529 Benedetto abbandonò Subiaco e si diresse assieme ad alcuni discepoli verso Montecassino. Lassù, dove sorgeva un tempio dedicato ad Apollo ed ancora vi si praticavano riti pagani, eresse un oratorio in onore di san Martino di Tours ed una cappella dedicata a San Giovanni Battista. Nel monastero di Montecassino Benedetto compose la sua Regola verso il 540. Prendendo spunto da regole precedenti, in particolare quelle di san Giovanni Cassiano e san Basilio, ma anche San Pacomio, San Cesario e l'Anonimo della Regula Magistri, egli combinò l'insistenza sulla buona disciplina con il rispetto per la personalità umana e le capacità individuali, nell'intenzione di fondare una scuola del servizio del Signore. La Regola, sintesi del Vangelo, nella quale si organizza nei minimi particolari la vita dei monaci all'interno di una "corale" celebrazione dell'uffizio, diede nuova ed autorevole sistemazione alla complessa, ma spesso vaga e imprecisa, precettistica monastica precedente. I due cardini della vita comunitaria sono il concetto di stabilitas loci (l'obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero contro il vagabondaggio allora piuttosto diffuso dei monaci) e la conversatio, cioè la buona condotta morale, la pietà reciproca e l'obbedienza all'abate (da abbà, Padre), il "padre amoroso", mai chiamato superiore, cardine di una famiglia ben ordinata che scandisce il tempo nelle varie occupazioni della giornata durante la quale la preghiera, la lettura e il lavoro si alternano secondo ritmi ben precisi. A Montecassino Benedetto visse fino alla morte, ricevendo l'omaggio dei fedeli in pellegrinaggio e di alcune personalità come Totila re degli Ostrogoti, che il monaco ammonì, e l'abate Servando. Qui morì il 21 marzo 547, quaranta giorni circa dopo la scomparsa di sua sorella Scolastica con la quale ebbe comune sepoltura; secondo la leggenda devozionale spirò in piedi, sostenuto dai suoi discepoli, dopo aver ricevuto la comunione e con le braccia sollevate in preghiera, mentre li benediceva e li incoraggiava. Le diverse comunità benedettine ricordano la ricorrenza della morte del loro fondatore il 21 Marzo, mentre la Chiesa romana ne celebra ufficialmente la festa l'11 Luglio. Nel 1964 papa Paolo VI ha proclamato san Benedetto da Norcia patrono d'Europa.
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