Questo bel Cammino di San Benedetto è nato anche grazie all'appoggio di persone di buona volontà che si sono appassionate al progetto e, in diversi modi hanno speso le loro energie ed i loro talenti a favore del Cammino. Non basterebbero 10 blog per ringraziarli tutti a dovere; ma oggi credo sia proprio l'occasione giusta per ricordare Padre Angelo. E non soltanto perchè ieri era Sant'Agostino, e fino a ieri lui è stato il priore degli Agostiniani di Cascia. Ma perchè oggi Padre Angelo ha lasciato Cascia per trasferirsi presso gli agostiniani di Kosice, in Slovacchia, non si sa per quanto tempo.
Ma del resto, la sua permanenza a Cascia è stata una breve parentesi di quattro anni tra tantissimi anni in Slovacchia. Eppure, quante cose belle ha lasciato in quel magnifico lembo d'Umbria. Allora voglio raccontarvi in breve com'è nata la nostra amicizia. Nel corso delle tante "perlustrazioni" sui luoghi del Cammino, giusto due anni fa mi ritrovai a passare per Cascia, e non era la prima volta. Apprezzavo tutti quei magnifici paesi della Valnerina, così pittoreschi e carichi di storia e di spiritualità. Quasi ogni paese un santo, potremmo dire. Stavo cercando possibilità di alloggio per i pellegrini e giunsi proprio in cima al paese, dov'è la splendida chiesa di sant'Agostino che in pochi conoscono ma che meriterrebbe davvero la pena dell'impietosa salita anche solo per gli afrreschi dell'interno.
Bussai alla casa dei novizi e mi aprì questo simpatico religioso. Non feci in tempo a dire "Sto cercando un Cammino da Cascia a Rieti"...che intervenne subito lui con un "io sto cercando un Cammino da Rieti a Cascia". "Beh", feci io "allora mettiamoci assieme". Fu un incontro provvidenziale. Quello che Padre Angelo desiderava realizzare era una "rosa" di sentieri che, da varie località dell'Umbria, del Lazio e dell'Abruzzo, convergessero sul santuario di Santa Rita a Cascia. Ed uno di questi "petali" di rosa (le rose sono il simbolo di santa Rita) sarebbe proprio stato quello proveniente dalla Valle Santa Reatina.
Sperimentai l'idea del percorso che avevo individuato sulla base dello studio cartografico e delle immagini da satellite: da Cascia a Monteleone di Spoleto passando da Roccaporena; di lì il Cammino avrebbe proseguito per Leonessa attraversando tutto l'altopiano leonessano. Quindi l'attraversamento dei Monti Reatini su sentiero; l'arrivo a Poggio Bustone dall'alto del santuario di San Giacomo; infine la tappa per Rieti lungo un bel sentiero panoramico attraverso Cantalice e La Foresta (questo percorso resterà pressochè identico a quello definitivo).
Al ritorno gli inviai cartografia e bozze con le descrizioni dei percorsi. Ci ritrovammo a Cascia e da allora divenni di casa al monastero degli agostiniani. Ci demmo da fare per sensibilizzare i locali su questi Cammini, tra l'incredulità della gente e degli stessi, simpaticissimi, confratelli del monastero. Battemmo palmo a palmo i boschi della Valnerina, e a noi si unì il validissimo Roberto Agostini che poi curerà le descrizioni dei Sentieri di Rose. Quando il Cammino fu perfettamente chiaro ad entrambi, ci fu la fase del "pennello": la tracciatura dei sentieri. Poichè il cammino di San Benedetto sarebbe stato tracciato in giallo con una B innestata sulla croce, analogamente Padre Angelo e Roberto decisero che i Sentieri di Rose si sarebbero tracciati con una R innestata sulla croce. Ecco qua la spiegazione ai pellegrini che mi hanno chiesto come mai ci siano delle "R" fino a Rieti in direzione opposta al Cammino. Si tratta dello stesso percorso, da percorrere in senso inverso.
Così nacquero questi due Cammini, che sono "fratelli" di sangue. Quanti passi sui Monti Reatini! Ricordo di quando prendemmo un acquazzone scendendo a Poggio Bustone, con la vernice che colava da tutte le parti. E di quando la buona gente della Valnerina, incontrando il loro priore, vernice e pennello in mano e la casacchina blu macchiata di giallo gli facevano, preoccupatissimi: "Padre A'...ma che state à fà?"
Momenti simpatici e momenti spirituali. Fare buio lungo un sentiero con il rischio d'inciampare ad ogni passo senza smettere di recitare il rosario. Arrivare a cena distrutti, una doccia a letto e ripartire il giorno dopo. E senza mai sacrificare il suo ruolo di priore.
Sullo sfondo, luoghi di bellezza primitiva e gente di una cordialità, semplicità e gentilezza straordinari. Cammin facendo, il nascere di una grande amicizia. Poi, la Provvidenza volle che si realizzasse la guida del Cammino di San Benedetto, mentre per i Sentieri di Rose Padre Angelo e Roberto pubblicarono il percorso in quattro tappe da Montefalco a Cascia, attraverso i magnifici scenari dei Monti Spoletini.
Caro Padre Angelo, ti faccio i migliori auguri per la tua permanenza in Slovacchia: se la Provvidenza ti ha ricondotto là, di certo è perchè non tratteniamo il tuo bene solo per noi. I segni che hai lasciato sono ben visibili, in ogni senso (vedi foto)! Con affetto, Simone
Agosto, mese di pellegrini...in questi giorni sono numerosissimi i pellegrini che stanno percorrendo i sentieri del Cammino di San Benedetto...ed è una gioia vedere come questi sentieri, spesso si tratta di percorsi antichi, stiano rivivendo grazie al passaggio dei pellegrini...il caldo eccezionale di quest'estate, certo non ha aiutato. Ma l'eccezionalità dei luoghi, e la spiritualità che li pervade pare siano stati superiori all'aumentato impegno fisico imposto dal clima. Tante storie in movimento disseminate lungo i 300 km del Cammino, che con la collaborazione dei pellegrini potrò raccontarvi nei prossimi mesi...Grande banco di prova quest'estate. Un Cammino nuovissimo ma dal sapore antico, per i luoghi che hanno visto il nascere e il diffondersi della grande esperienza benedettina. La collaborazione dei pellegrini nel segnalare aggiornamenti, percorribilità dei sentieri, nel suggerire varianti e nuove possibilità di alloggio si sta rivelando provvidenziale per far sì che questo Cammino finisca per appartenere a tutti coloro che credano nella possibilità di crescere spiritualmente attraverso la spiritualità della Strada. Cammino dunque non soltanto in senso fisico, ma anzitutto Cammino di ricerca...mi auguro di cuore che tutti questi amici pellegrini trovino il Senso del loro camminare!
Ieri sul Corriere della Sera, edizione del Lazio, è stato pubblicato il bell'articolo di Simona De Santis che pubblico volentieri: LEGGI L'ARTICOLO
Auguro un buon proseguimento di Cammino ad Anna e Vittorio, Flavio e Massimo, Stella e Maria Luce, Davide e Paolo, Lutz e Marinella, Daniela e Maurizio, al gruppo di pellegrini di Vicenza e a tutti quelli che pur senza avermi contattato in questo momento stanno percorrendo il Cammino (...fatemi sapere che ci siete!). Un augurio di Buon Cammino ai pellegrini che si stanno apprestando a partire!!!
Che San Benedetto e gli altri Santi del Cammino vi accompagnino!
"Egli ha voluto che lo cercassimo come a tentoni, benchè non sia distante da ognuno di noi"
In questi giorni sono davvero numerosi i pellegrini che
stanno percorrendo il Cammino. Constatare l’entusiasmo e lo spirito di ricerca
che li guida; il loro piacere nello scoprire luoghi insospettatamente belli e
persone squisite, riempie veramente di gioia! Le loro testimonianze saranno
preziose nel rendere il Cammino sempre migliore.
POSTO VOLENTIERI UN BREVE VIDEO DI MASSIMO MOLINARI, PRIMO PELLEGRINO SUL CAMMINO DI SAN BENEDETTO, PERCORSO IN SOLITARIA, CHE CON QUESTO MINI-VIDEO HA RIPRESO IL RITMO DEI SUOI PASSI.
Pubblico inoltre molto volentieri la vibrante testimonianza di Annamaria, una simpatica professoressa veneziana non più ragazzina che ha intrapreso da sola il Cammino e che, “non facendocela” a causa del caldo eccessivo sulla seconda parte del Cammino, ha avuto la saggezza e l’umiltà di fermarsi. Proponendosi però di ripercorrerlo in altre condizioni. Grazie Annamaria per la tua bella e vera testimonianza!
Credo che mettere per
iscritto un'esperienza non sia solo conservarla, ma anche completarla; e se
l'esperienza è stata solitaria è un modo per condividerla pur nella
consapevolezza che un diario ha valore
soprattutto per chi lo scrive.
Pellegrinaggio o
trekking? Cos'è stato questo mio viaggio?
E' stata l'una e
l'altra cosa pur non avendomi spinto né la fede né la voglia di avventura; una
molla (incredibile a dirsi) è stata la stanchezza psicofisica e una sorta di
inedia autocommiserante.
E ho scoperto che
autocommiserarsi sul divano è molto più piacevole e voluttuoso che farlo in
movimento, anzi in movimento non riesce proprio perciò sconsiglio vivamente
questa esperienza a chi ha voglia di compatirsi.
Molti affermano che il
cammino è un modo per conoscere se stessi. Credo sia vero. Il mio breve
percorso non può darmi certezza di nulla, tuttavia sono propensa a credere che
ogni cammino - specialmente se solitario – sia un'esperienza per sé, con sé e
di sé. E le preposizioni accanto a questo sé egocentrico non sono casuali.
Chi sono?
Un'insegnante cinquantasettenne, fondamentalmente sedentaria e completamente
inesperta che, per dirla in breve, ha sentito il desiderio di andare e 12
giorni dopo era già in cammino.
5 agosto 2012
… e che sono vecchia me lo dico io!
Sono vecchia.
Sono troppo vecchia per fare ciò che sto facendo.
Sono preoccupata e ho delle paure. Paure specifiche: non che
il percorso sia troppo lungo e di non farcela, anche la giornata è lunga ma io,
animalista, ho paura di incontrare cani e altri animali interessati a me.
Ho paura di sbagliare sentiero nel bosco e (da ieri) che
faccia davvero troppo caldo. Sembra che io abbia beccato la settimana più calda
dell'anno.
Le ruote del treno che girano sembrano dirmi:
sei in ansia – sei in ansia – sei in ansia-
Per esperienza so che in ogni viaggio l'andata sembra sempre
più lunga del ritorno, ma questo viaggio è tutto di sola andata. Ansia.
Rileggo la prefazione scritta da Simone ne IL CAMMINO DI S.
BENEDETTO e ne traggo conforto.
Mi sento già in cammino: il treno con i suoi quattro cambi,
il guardare dal finestrino piuttosto che leggere, anticipano il domani.
Davvero sarò così sola ?
Il paesaggio mi corre incontro e luoghi mai visti mi
sembrano déjà vu: campi, colline, girasoli, ruderi, case isolate e rari borghi;
ma la gente dov'è? Il progresso tecnologico ha reso inanimate le campagne.
Osservo con vera curiosità solo i sentieri che, gialli e
deserti, costeggiano i campi, si innalzano lenti sulla pancia di una collina,
si insinuano tra due alberi o s'infilano dritti in un boschetto – ansia.
La gente dov'è?
Tranquilla –
tranquilla – tranquilla- dice il treno, e il paesaggio mi sembra più bello.
MANDELA: scendiamo in 4 sotto il sole implacabile.
I pellegrini parlano di confortanti coincidenze, ed ecco la
prima per me:
ad aspettarmi lì appena scesi i 4 gradini del treno, quasi
un conoscente venuto a prendermi puntualissimo, c'è l'autista del pullman che
con una corsa veloce e nervosa sulla salita tutta curve, porterà me sola a
Subiaco.
Hotel Aniene, non lo consiglio, troppo rumoroso.
Ho ancora tempo e comincio a camminare:
Monastero di Santa Scolastica: attendo la guida seduta
accanto ad una suora nera vestita di turchese, un bel colpo d'occhio, mi
ricorda suor Maria Claretta di Sister act.
Poi su fino a quel nido d'aquila che è il Sacro Speco. Non
voglio scrivere ovvietà di questi posti che le guide turistiche spiegano meglio
di me, consiglio solo di sedersi silenziosi per un po' nel giardino della
foresteria e godere la tranquillità del luogo.
6 agosto 2012
In cammino
Ore 6.50, sono già in strada. 70 cent per il primo caffè e
...via.
Esco da Subiaco, salgo verso i monasteri e prendo la discesa
per il sentiero che corre parallelo all'Aniene; decido di non deviare verso il
laghetto e di affrontare subito il percorso; voglio arrivare a Trevi nel primo
pomeriggio.
Una tabella, vista non so in che punto il giorno prima,
segnalava la presenza o la reintroduzione dei lupi nell'appennino e io (ripeto)
animalista, in questo momento, non vedrei tanto grave la loro estinzione.
Temperatura perfetta, sciabordio dell'acqua, cammino tra sole e ombra...quasi
quasi mi rilasso.
Leggera salita, leggera discesa, curva e … due mucche ferme
sul sentiero, forti della loro posizione rialzata rispetto a me, mi fissano;
soprattutto la prima, certo il capo! La mia prima paura si è concretizzata.
Aspettando che il cuore ritorni a battere valuto le vie di fuga: sx parete
rocciosa, dx rovi. Batto le racchette e timidamente le invito ad andarsene. Inespressive
e immobili continuano a guardarmi. Qualche passo più indietro, tra i rovi, vedo
giusto lo spazio per le mie gambe; mi immobilizzo lì e loro avanzano rasenti
alla parete rocciosa, occhi negli occhi finché per controllarci il collo non ci
si torce e a questo punto, in simultanea, ognuna con sollievo allunga il
proprio passo verso la salvezza.
Sono una pellegrina e allora prego, recito un mio rosario
personale fatto nell'ordine di: Ave Maria, Gloria, Padre Nostro, tanti Angeli
di Dio per tutti - uno per ogni persona vicina a me e ad ogni serie aggiungerò
qualcuno finendo con un Angelo per ogni gruppo di persone che
vive nella mia cerchia - e poi con la stessa modalità Eterni Riposo e finisco con un “o clemente e pia o vergine
Maria” di un Salve Regina di cui non
sono molto sicura.
Ma non voglio barare, Lui sa che la mia è una fede incerta,
che la preghiera non è così fervente come quella di chi mi ha preceduto su
questo stesso sentiero. La mia è una preghiera cristiana, è un mantra, è un
ritmo per gambe e braccia. Ma la testa non è così concentrata e pago pegno
recitandone sempre qualcuna in più a compensare la distrazione.
Trovo il primo segnale giallo, mi fa piacere vederlo, sono
sulla strada giusta (grazie Simone!)
Non incontro più mucche sui miei passi, ma ne percepisco la
presenza: muggiti, campanacci e, prepotenti, infinite coriandolate secche o
purtroppo fresche e brulicanti sul sentiero.
Ognuno viaggia con sé portandosi dietro il proprio
carattere, la propria formazione e il proprio approccio alle cose. L'attenzione
alla cura e al rispetto del territorio è una delle mie zavorre, non amo i
luoghi esageratamente modificati ad uso turistico e neppure quelli stravolti da
fiorellini e aiuolette, ma qui non c'è nessuna cura. Alberi spezzati travolgono
i cespugli, rovi e rovi, scia
interminabile di rami secchi lunghi e corti, maciullati o integri deturpano,
come le deiezioni animali che arrivano anche nelle aree pic-nic, un luogo
potenzialmente bello .
E' vero che le forti nevicate hanno spezzato gli alberi, ma
ora siamo in agosto!!!
e questo è quasi un sentiero cittadino, da Subiaco alla
cascata di Trevi, che purtroppo non troverò in condizioni migliori.
Cammino e penso alle possibili soluzioni (tra cui l'utilizzo
dei monaci per concretizzare il loro LABORA) ritengo che la migliore sia
questa: un paio di domeniche ecologiste dei sublacensi per recuperare la legna
e la costruzione di basse recinzioni che impediscano l'accesso agli animali in
alcune aree permettendo agli abitanti di godersi il fiume. Supponenza o
praticità? Che abbia bisogno di una lezione di umiltà!?
Prima di affrontare la strada assolata indosso il mio
cappello alla Sampei (cartone manga), acquisto al chiosco della cascata una
granita e mi incammino. Fa davvero caldo e nessuno, se non me stessa, potrebbe
costringermi a fare ciò che faccio. Serve una strategia per poter macinare i
prossimi chilometri.
Decido: un sorso di granita ogni 100 passi; al decimo sorso
perdo il conto e finisco con lo sgranocchiare gli ultimi pezzi di ghiaccio.
Attraverso e riattraverso la strada inseguendo l'ombra degli alberi:
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo
utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi Signore, per frate alberu, per lo quale
rinfresci il viandante, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
… divagazioni poetiche.
Mentalmente invito gli amministratori locali a valorizzare
questo cammino con ombrose aree di
sosta. Prima di affrontare la salita per Trevi mi riposo sui gradini del
capitello posto al bivio per gli altipiani di Arcinazzo. Al di là di un recinto
mi tengono compagnia dei cavalli, uno ha un campanaccio che certamente
infastidisce anche lui.
Affronto salita e
solleone con la testa vuota, passo dopo passo e spero in un'osteria con annesso
albero ombroso all'entrata del paese, ma l'impatto è deludente: su entrambi i lati della strada deserta si affacciano
case dagli scuri accostati e porte riparate da tende. Crollo fisicamente ed
emotivamente, mi siedo su un gradino e piangerei.
Dio volendo arrivo all'hotel AL PARCO.
Lo consiglio, lo consiglio, lo consiglio.
I fratelli Mirella e Mariano sono di una gentilezza
squisita, disponibili mi accolgono con premura percependo la mia stanchezza. La
camera ha una vista da cartolina su Trevi che, illuminata di notte, ricorda il
presepe.
7 agosto 2012
La montagna
Ore 7, in bocca il gusto del caffè di Mariano, nello zaino
la frutta preparata da Mirella e, incredibile, nei piedi ancora la voglia di
andare.
Breve salita e giù per la scorciatoia che porta al sentiero
CAI per l'Arco di Trevi, ma la sorpresa è sempre dietro ad una curva: oggi 5
cavalli, dei quali 2 puledri.
“I cavalli non fanno niente” ha detto ieri sera Mariano, e
io mi sforzo di credergli. Cauta avanzo nel mio lato di sentiero brandendo le
racchette che non avrei mai il coraggio di usare. E' più facile di quanto creda
e a mente serena, passando accanto all'ultimo puledro, penso: “Hinni”
Da quali reconditi ricordi affiora questo nome onomatopeico
per cavalli?
Ah sì, Ayla figlia della terra, una donna Cro-Magnon
cresciuta dai Neandethal; una saga che mi era piaciuta anni fa.
Supero uno dei ponti romani che collegano le sponde
dell'Aniene e inizio il percorso Cai che mi farà arrivare nell'altro versante,
sulla strada per Guarcino.
Devo affrontare la mia seconda paura: perdermi nella
montagna, ma ho tre
punti di riferimento: l'arco della Portella; la fontana di Capo d'Acqua e
l'arco di Trevi.
Il sentiero dirimpetto a Trevi sale lento, seguo i segnali
CAI sempre molto chiari. La telefonata di Simone mi giunge a metà del primo
tratto: oltre al piacere della telefonata ricevo preziosi consigli.
Ecco Santa Maria della Portella, suono la campana prima di
iniziare la discesa sassosa: attenzione, non è il caso di prendere una storta
qui.
Anche qui sono evidenti i danni della neve e immediatamente
si capisce che è terreno di pascolo.
Improvviso rumore di belati e campanacci, qualche metro
sotto me, in un sentiero che va congiungendosi al mio, cammina un gregge con il
suo pastore munito di bastone. Seguono tre (dicasi tre) cani neri.
Saluto più che per gentilezza, per indicare la mia presenza
e alla risposta avviso: “Ho paura dei cani”
A cui segue un laconico: “Non fanno niente”.
Li lascio precedermi nel sentiero, anzi mi fermo per
lasciare loro un congruo vantaggio.
Fresche frasche, pecore, pastore ciociaro e tre cani neri di
media altezza, magri e dinoccolati, luce dorata e soffusa - quadretto agreste
da immortalare. Vorrei ma non posso, un cane si volta e fermo mi fissa, sento
su di me L'occhio del lupo. Ad una svolta, tutto è dopo una curva, il
pastore si ferma sotto un albero e lascia libero il gregge sulla radura. I
cani, invece, liberi in mezzo al sentiero!
“Signore, mi scusi, potrebbe richiamare i cani? Ho paura di
passare”
Un grugnito rivolto ai cani che si limitano a scuotere le
orecchie, e un “Passi” a me.
Ritento e ritento, manca poco che dica buon uomo, identico
risultato.
Vinta dico “grazie” e giro i tacchi. Mosso a pietà mi lancia
un “passi sopra, c'è il sentiero”; e io passo sopra.
Prossima tappa la fonte di Capo D'Acqua
Settembre,
andiamo. E' tempo di migrare.
….han bevuto
profondamente ai fonti
alpestri, che
sapor d'acqua natìa
rimanga ne'
cuori esuli a conforto
che lungo illuda
la lor sete in via.
...E vanno pel
tratturo antico al piano,
quasi per un
erbal fiume silente …
Ah, la
letteratura! Così emotivamente coinvolta decido che anch'io, come i pastori, mi
disseterò alla fonte alpestre.
Oh oh, forse è
meglio di no, visto l'evidente effetto lassativo; riempio la borraccia ma qui
non la berrei. Alcuni giorni di pioggia ci vorrebbero, alcuni giorni di
scrosci!
Ma il sentiero è davvero ben
segnato, faccio tutta una tirata senza mai avere il minimo sentore di perdermi,
e arrivo all'Arco di Trevi.
Più bello di ogni mia aspettativa.
E qui, dove finalmente non sono
arrivate le mucche, mi siedo e godo il meritato riposo.
Lascio il sentiero e mi ritrovo a camminare sulla strada per
Guarcino, rispetto a quella di ieri più ombrosa e i refoli d'aria mi portano di
tanto in tanto un profumo di sottobosco.
Alle 13, accaldata,
vorrei entrare nel Santuario della Madonna delle Nevi il cui nome mi
ispira particolarmente in questo momento; ma è chiuso e perdo l'occasione di
vederlo.
Arrivata a Collepardo dormo in una ex villa cinquecentesca
(B&B Flora e Fauna, camera assenzio) che consiglio.
Questa sera, con ago e filo, curo la mia prima vescica!
8 agosto 2012
Perdere la fede
Stamane il sentiero, esposto a est, è già inondato dal sole.
A margine del paese la strada diviene subito ripida, incontro una cavalla con
il suo Hinni, lo accarezzerei. Sulla destra un bell'uliveto: ulivi giovani, non
ancora contorti, dalle foglie argentee ... non fanno ombra!
Faticare così di prima mattina mi rende d'umore pessimo, un
cane rompone e abbaiante mi viene incontro: attento, non è momento! Sono
incazzata, se si avvicina gli do una racchettata terribile dalla parte del
manico (carità francescana?).
Con la mia peggior voce da prof dico: ZITTO e FERMO.
Funziona.
Ecco la chiesa della SS Trinità con la sua cappelletta,
prendo il sentiero a dx e scendo cauta tra sassi e rocce; fa caldo e decido di
arrotolare, oltre l'abbronzatura da ciclista, i pantaloni scoprendo
riverberanti cosce. Immagino che a Collepardo si stiano chiedendo cosa sono quei segnali luminosi provenienti
dal versante opposto al paese.
Ed eccomi ancora nel bosco, e che bel bosco! Scendo e salgo
lungo il sentiero deserto, ogni bivio ben segnalato; la paura di perdermi
svanita.
Mi fermo o continuo ancora un po'? Ancora una curva e poi mi
fermo, dico a me stessa. Perfetto, la curva finisce giusta alle 2 cappellette e
all'area pic -nic, non ci sarebbe stato posto migliore per la pausa, e trovo
anche compagnia.
La Certosa di Trisulti è a pochi passi e da lì, dopo un Km
di ripida discesa, il Santuario di Maria delle Cese.
Fortuna delle fortune, proprio oggi c'è l'annuale
processione che vivo un po' discosta.
Nelle preghiere i fedeli chiedono aiuto alla Madonna un po'
per tutti: per i giovani e gli anziani, per gli ammalati e i carcerati … mi
unisco alle preghiere, ma quando viene chiesto alla Madonna aiuto per i
politici - povera! - mi sembra troppo, non che non ce ne sia bisogno, anzi, ma
Lei è una sola!?
Tra canti e preghiere, seguendo lo stendardo della Madonna,
i fedeli salgono il sentiero alla volta della Certosa. Rimane un gruppetto di
persone in cerca della fede … che uno sposo ha perso allestendo l'altare.
Messa e visita della Certosa, una foto sui gradini del
giardino interno ….
e di nuovo in cammino.
La meta è CASAMARI, questa notte dovrei dormire dalle suore cistercensi
della carità. Trovo anche un passaggio per un po', ma troppo non voglio. Mi
ritrovo per il terzo mezzogiorno a camminare sotto il sole, in strade mai piane
, in una delle province più a rischio di caldo di questi giorni.
Cammino lenta, non accelero né al sole né in discesa, non
allungo il passo nemmeno per arrivare prima all'ombra di un albero; nel cercare
di essere lenta spero di essere anche inesorabile nell'avanzare. Ancora tanto così poi pausa, mi dico. Ma questa
solitudine mi crea un po' di quell'ansia che non ho avuto nei boschi.
Ecco il cartello di Santa Maria Amaseno, ancora poco e
arriverò all'unico bar della zona, giusto prima del bivio per Casamari,
finalmente pranzerò e mi riposerò almeno per un'ora.
Il bar è chiuso fino a sabato. Che faccio?
Dalla curva, surreale apparizione ondulante nell'afa, sbuca
un autobus:
“Dov'è lastazione
ferroviaria più vicina?”
“Salga” e io salgo.
Come per miss Italia, la mia avventura termina qui.
Non tragga in inganno la mia faccia seria in questo
autoscatto fatto di proposito appena deciso di terminare il pellegrinaggio. In
realtà sono contenta di ciò che ho vissuto, degli incontri di cui non ho
parlato ma preziosi per chi cammina da solo, dei messaggi e delle telefonate di
appoggio e incoraggiamento; ecco, per loro mi dispiace un po', e anche avrei
voluto conoscere Tommaso del Feudo e Angelo. Ma sono dell'idea che, come si
deve avere il coraggio per partire si debba avere, quando è il momento,
l'onestà di sapersi fermare.
BUON FERRAGOSTO A TUTTI E IN PARTICOLAR MODO AI
PELLEGRINI IN CAMMINO!
martedì 7 agosto 2012
PENSIERI E PAROLE DI DUE CICLO-PELLEGRINI
Caro pellegrino, gentile pellegrina,
Pubblico volentieri le interessanti considerazioni di Alessandro ed Enrico di Bologna, al ritorno dal Cammino di San Benedetto.
Ti lascio alla lettura e con una domanda: QUAL'E' IL SENSO DEL CAMMINO PER TE? Parliamone.
A presto, Simone
Riflessioni "a
caldo" di Alessandro Babini
Simone Frignani, promotore del Cammino di
San Benedetto e autore dell’omonimo libro, mi ha chiesto di scrivere una
riflessione sull’esperienza che ho appena svolto da pubblicare sul suo sito,
invito che colgo con molto piacere approfittando per salutarlo e ringraziarlo
per il suo bel progetto. Perchè questo cammino. Non lo so perché,
non credo per motivi religiosi, mi considero cattolico ma non praticante, con
un concetto di Dio che per certi versi si scosta dalla Chiesa ufficiale mentre
per altri lo condivide. Probabilmente è stato un insieme di elementi che si
sono uniti: il fatto che ancora non sapevo dove andare per la mia settimana di
ferie e nemmeno un mio caro amico, il fatto che comunque mi piacciono molto la
mtb e la natura e, soprattutto, i viaggi e le nuove esperienze. Si perché io un
pellegrinaggio di questo genere non l’avevo mai fatto. E’ stato questo mio
amico, Enrico, a farmi conoscere il sito del cammino di San Benedetto, e
ammetto che l’interessante progetto descritto all’interno delle sue pagine ha
destato subito la mia curiosità, quindi, senza pensarci troppo e senza nemmeno
chissà quale allenamento, abbiamo deciso di partire con le nostre biciclette e
percorrere questi 350km tra l’Umbria e il Lazio, sulle tracce del santo di
Norcia attraverso gli splendidi paesaggi che queste terre, spesso
inaspettatamente, ci regalano. E l’abbiamo fatto tutto, seppur con qualche
lieve variante per motivi tecnici e di tempo. Sto scrivendo questa piccola
considerazione la sera dopo l’ultima tappa di Montecassino e il viaggio di
ritorno del pomeriggio in treno con le pesanti sacche portabici e credo che sia
in effetti un buon momento per farlo. Non troppo presto perché la fatica e
l’enorme quantità di luoghi che abbiamo visto avrebbe potuto condizionarmi e nemmeno
troppo tardi perché quella particolare e percettibile sensazione di
coinvolgimento che chi ha provato questo tipo di esperienza si porta dentro sia
svanita del tutto per lasciare spazio al freddo, seppur caro, ricordo. Ho
parlato di fatica. Si, perché la fatica credo sia stata fondamentale in questo
viaggio, ci ha sempre affiancato fin dal primo pomeriggio come una fedele
compagna e ha costituito una sorta di strano collante per tutte le tappe che
abbiamo affrontato, dando loro un senso particolare e unico. Credo proprio che
se avessimo visto tutti questi splendidi posti raggiungendoli con la macchina o
con la moto senza alcuno sforzo, non sarebbe stata decisamente la stessa cosa,
sarebbe stata solo una sfilza di oggetti immobili, seppur unici e carichi di
significato, senza però un filo logico che li unisse, bensì a sé stanti come
tanti manichini in bella mostra in una vetrina piena di luci. La fatica che
abbiamo provato ogni giorno, ogni ora, a pedalare sotto al sole cocente anche
alle due o alle tre del pomeriggio, con salite ripide che si alternavano a
discese altrettanto impegnative, con le gambe indolenzite e le pulsazioni a
mille, abbiano dato un significato diverso ad ogni piccolo paese che toccavamo
e in cui ci fermavamo più che volentieri, un po’ per visitarlo e un po’ per
riposarci. Ogni tappa era una sorta di piccola conquista, dove potevamo godere
un meritato ristoro, che ci faceva probabilmente godere ancora di più il luogo
in cui ci trovavamo in quel momento. Un monaco nel convento benedettino di
Subiaco ci ha detto che la fatica va offerta, beh, per quanto mi riguarda, non
so se io l’ho offerta nel modo giusto, ma sono certo del fatto che questo
viaggio il nostro sforzo se l’è preso tutto, e alla fine, nel suo modo
particolare e profondo, ci ha ripagato in pieno. In questa settimana ho
troncato tutte le attività che normalmente svolgo nella mia vita quotidiana
che, mi conosce bene lo sa, è abbastanza frenetica tra lavoro, vita privata e
quel poco di tempo che mi riesco ancora a ritagliare per scrivere. Erano anni
che non staccavo la spina così, proprio perché questa esperienza, per forza di
cose, prende tutto te stesso, impegnando le tue risorse per pedalare tutto il
giorno e raggiungere la tappa successiva, per trovare da mangiare, per trovare
da dormire, giorno per giorno, ora per ora. Ci siamo ritrovati a pedalare alle
dieci di sera al buio perché avevamo forato una gomma o perché il bed &
breakfast in cui c’era posto era fuori mano rispetto al centro del paese.
Eppure, già lo so, mi mancherà anche questo. Ne parlavo proprio oggi col mio
compagno di avventura, Enrico, di come ci siamo lamentanti continuamente del
caldo e della fatica durante il viaggio mentre stamattina, appena svegliati
nelle nostre rispettive case, ci sembrava strano non prendere la nostra bici
per partire e, sembrerò strano, ma un po’ mi mancava pure. Si era creato una
sorta di micro-mondo dove il nostro viaggio era al centro di esso e tutto
veniva fatto per raggiungere la tappa successiva e scoprirla delle sue
bellezze; questo mondo aveva anche il suo personale e bizzarro linguaggio: ad
esempio, ogni volta che avevamo sete dovevamo cercare urgentemente un
“fontanile” perché la guida che usavamo aveva in principio usato quel termine
per indicare una comunissima fontana, oppure ogni paese che si ergeva su un
colle (praticamente tutti in quelle zone) era “abbarbicato sui colli”. Avremmo
usato questi termini centinaia di volte durante il viaggio, erano i nostri
tormentoni insieme ad altri, li usavamo al momento del bisogno, o per ridere,
scherzare, per cercare di togliere l’attenzione dalla fatica. Un barista di
Monteleone, un grazioso paese appunto “abbarbicato su un colle” in provincia di
Perugia, dopo avergli raccontato da dove venivamo e dove eravamo diretti con le
nostre bici ci ha squadrato e ci ha chiesto candidamente: “Ma perché lo fate?”.
Io e Enrico ci siamo guardati un attimo e non abbiamo saputo che rispondere.
Non credo ci debba essere sempre un rapporto di causa ed effetto nelle cose, a
volte la causa o il significato può sopraggiungere dopo, quando ripensi a tutto
quello che hai fatto e come. Questa esperienza credo sia uno di questi casi, io
non ero affatto pronto per affrontare questo cammino, non sapevo perché lo
stavo facendo, immerso nei miei impegni quotidiani, mi sono un po’ preso per i
capelli e mi ci sono buttato in mezzo, e più c’ero dentro, più volevo andare
avanti, offrendo e offrendomi la mia fatica. Ora, sono assolutamente contento
di averlo fatto. In questi frangenti spesso si parla di arricchimento personale
o spirituale, ma non vorrei scadere nel banale o nella trappola del deja vu
delle considerazioni e delle riflessioni; in realtà, se mi guardo indietro vedo
un ragazzo che per una settimana ha staccato la mente da tutto ciò che prima lo
impegnava per intraprendere un cammino che lo ha coinvolto in tutte le sue
forze fisiche e mentali, che grazie all’impegno e allo sforzo ha percorso e
raggiunto le proprie tappe scoprendo e visitando luoghi meravigliosi dal punto
di vista naturalistico, architettonico, artistico e spirituale. E questo è
indubbio, che si sia credenti oppure no, si tratta di posti dal valore storico
e culturale immenso. Vedo anche un ragazzo che per una settimana si è
riappropriato di un po’ del proprio tempo e lo ha condiviso, e se da questa
bellissima esperienza potrà ricavare nuovi occhi per guardare le cose di sempre
in maniera più profonda e serena, allora potrò dire veramente di essermi
arricchito.
Alessandro
“Perchè lo fate”
di
Enrico Bellodi
Uhm... alla fine solo io,
te e Simone leggeremo questo
post, lungo e bello?! Ovviamente concordo con quanto hai scritto.
Questo viaggio, che abbiamo vissuto come un'esperienza, e non come una vacanza,
finisce per avere un significato completo solo per chi l'ha fatta, o condivisa
in qualche modo. Ma anche averla seguita su facebook è stato utile a tanti, per
vedere se "i nostri eroi" ce la facevano oppure no ad arrivare alla
meta. La domanda "perchè lo fate" continua
a risuonare anche a me nella testa. Una risposta è difficile darla; forse,
perchè, semplicemente, volevamo fare qualcosa per noi stessi e riappropriarci
un po' di più di noi, del nostro tempo (che scorre davvero diversamente in
momenti simili!) e delle nostre vite. Penso agli interminabili e piacevoli momenti
di silenzio, di salita con sudore, agli sguardi e ai discorsi delle persone, ai
posti percorsi, al pellegrinaggio su luoghi importanti e "santi"... e
a tutto il tempo perso, quotidianamente, per cose che ora mi sembrano ben
sciocche! Spero di cuore che tutto questo serva, venga
offerto per essere migliori domani. Per me, per noi e per chi incontreremo nel
nostro "cammino".
Cari amici del Cammino,
Con l'inizio del mese di Agosto il Cammino è entrato più che mai nel vivo, con i passi dei tanti pellegrini che lo stanno percorrendo e che lo percorreranno nei prossimi giorni! Tanti pellegrini, tante storie per ognuno di loro! Ciascuno una ricchezza, la sua vita, meravigliosamente unica; mille vissuti, tanta ricerca! La bellezza del Cammino sta proprio nelle persone. L'arricchimento l'ho anzitutto ricevuto io, quando nell'individuare, tracciare e descrivere i percorsi, la mano sapiente di Dio mi ha guidato verso persone meravigliose che hanno contribuito a dare vita a questo Cammino. Mi sto rendendo conto ora che questo enorme patrimonio di umanità non era che agli inizi. Ora sono gli stessi pellegrini ad arricchirmi di vita, e che arricchimento...!!! Non c'è persona che sia banale: ognuno è una ricchezza. E vorrei poterli conoscere tutti personalmente i pellegrini, fermarmi ad ascoltare la loro vita, capire i motivi che li hanno mossi al Cammino. Attendo foto, brevi diari ed impressioni di viaggio per pubblicarli sul blog...vorrei che diventasse una comunità aperta a tutti coloro che hanno compiuto un pellegrinaggio, che vorrebbero farlo o che sono anche pellegrini nel cuore, un veicolo di scambio di informazioni per dare la possibilità a tutti tramite il blog d'interloquire con gli altri pellegrini dando vita a un circolo di informazioni che è il sale dei pellegrinaggi. E quante cose ne possono nascere! A me, questo Cammino ha già dato amicizie vere che dureranno per la vita. Se questa è la "magia" del pellegrinaggio ed è successo a me, perchè mai non dovrebbe capitare anche a voi? Così, in attesa di ricevere foto e diari, volevo pubblicare un breve diario di viaggio insieme alle foto di Alex ed Enrico, due bravi ciclo-pellegrini bolognesi partiti da Norcia il 29 Luglio, che proprio oggi hanno fatto il loro arrivo a Montecassino!!! Colgo l'occasione per augurare Buon Cammino a Luca, partito da Norcia il 1 Agosto; a Chiara partita da Norcia il 3 Agosto; ad Annamaria che parte oggi da Subiaco; a Massimo e Flavio che partiranno da Norcia tra due giorni. I miei complimenti vivissimi ai "mitici" pellegrini del centro-sud": Ruben, Federico e Rosario che hanno letteralmente "seminato" il Cammino in tutti i luoghi toccati: partiti da Subiaco il 29 Luglio, sono arrivati ieri a Montecassino; ai tre ciclo-pellegrini modenesi Alessandro, Carlo e Pierpaolo, partiti da Norcia il 16 Luglio arrivati a Montecassino il 22; ad Alberto di Modena partito da Subiaco il 18 Luglio ed arrivato a Montecassino il 24.
MINI-DIARIO ILLUSTRATO DEL CAMMINO DI ALEX ED ENRICO, CICLOPELLEGRINI BOLOGNESI PARTITI DA NORCIA IL 29 LUGLIO ARRIVATI A MONTECASSINO IL 5 AGOSTO.
26 LUGLIO Trecentoquaranta chilometri. Sette tappe sull'appennino umbro-laziale attraverso i monti Sibillini, su sentieri che portano a cittadine medioevali abbarbicate sui colli, monasteri, laghi nascosti e mulattiere poco battute. Da Norcia a Montecassino con la mia fedele mtb, alla scoperta di un'Italia centrale inaspettatamente antica, dolce, preziosa. Da domenica mi spoglio delle solite vesti e rivesto quelle di pellegrino sul "Cammino di San Benedetto". Stay tuned.
27 LUGLIO Con la credenziale Charta peregrini, da oggi sono ufficialmente un pellegrino, prossimo alla partenza per Norcia... :-)
...pronte alla partenza!
29 LUGLIO Ok, siamo pronti a partire... the adventure ha inizio ;-)
Pretappa Spoleto-Sellano 30 km di collina abbastanza stancante. Abbiamo preso la pioggia anche se poca, abbiamo visto purtroppo un incendio nelle splendide colline che ci attorniavano e il canader che lo spegneva. Spoleto e' deliziosa. Ora riposo in un agriturismo a Sellano con il nitrito di 2 cavalli e il grugnito di un maiale che sento dalla finestra a farmi compagnia :-) a domani!!
30 LUGLIO Tappa di oggi: da Sellano a Norcia e da Norcia a Cascia, totale 50km. Faticosa, spesso su sterrato e in salita, abbiamo dovuto portare a tratti la bici a mano; per contro, i monti Sibillini sono molto belli. Considerazioni: Cascia e' veramente bellissima a ridosso di un monte e scolpita nella roccia, merita davvero.
Cascia
31 LUGLIO Solito resoconto della giornata di avventura: tappa Cascia-Poggio Bustone attraverso Leonessa e Monteleone. Una sessantina di chilometri, una parola sola:massacrante. Abbiamo avuto la foratura di una gomma alle 20.30 ed eravamo a 5km da Poggio Bustone, morale 1ora e mezza di mtb portata a mano al buio e in salita. Per contro Roccaporena e la vista della piana di Rieti col lago di Turano molto belle.
1 AGOSTO Continua il nostro viaggio: oggi siamo partiti da Poggio Bustone e siamo arrivati a Castel di Tora, in totale 55km. Abbiamo visitato il sacro speco di s.Francesco, attraversato Rieti, sfiorato Rocca Sinibalda, il tutto su una strada molto bella e panoramica tra sterminati campi di girasoli, paesini deliziosi sui monti Sibillini e vedute del lago di Turano. Abbiamo avuto ancora dei problemi meccanici risolti speriamo definitivamente. In questo momento siamo a Castel di Tora, del quale vedete la foto che ho postato. Fa parte, a ragion veduta, dei borghi piu' belli d'Italia. Un paesello medioevale a strapiombo sul lago di Turano scavato nella roccia del monte, meraviglioso. A domani, stay tuned!
Castel di Tora
2 AGOSTO
Castel di Tora-Subiaco, ci siamo superati, circa 70 km totali anche grazie alla Tiburtina che ci ha fatto guadagnare tempo e km. Visitata Castel di Tora veramente carina, Orvinio, Mandela, Licenza e arrivo a Subiaco. Arrivati
nella cittadina romana abbiamo cercato un b&b abbordabile e libero, ne abbiamo scelto uno che purtroppo era a 5 km in salita dal centro di Subiaco, quindi arrivo, stremati, alle 10 di sera. Note positive: e' vero che i cicloturisti suscitano simpatia,dovunque andiamo ci chiedono divertiti di dove siamo, dove siamo partiti e dove dovremmo arrivare. Per adesso, tutte le volte che abbiamo detto che siamo diretti a Montecassino ci hanno preso per matti. :-)
Orvinio
3 AGOSTO
Resoconto tappa di oggi. Partenza dall' imboscato b&b sopra Subiaco di ieri per fare un giro della cittadina in provincia di Roma, carina, e raggiungere il monastero di s.Benedetto con la visita al sacro speco del monaco, stupendo. Vedete l
a foto, si tratta di un monastero costituito da due chiese una sovrapposta all'altra scavate e appoggiate alla roccia del monte Taleo e contiene la grotta dove il santo e' stato eremita per 3 anni. Gli affreschi della scuola senese all,interno delle 2 chiese sono straordinari, capolavoro. Poi abbiamo attraversato i paesi Jenne, altipiani di Arcinazzo, Fiuggi, Vico Nel Lazio (grazioso) e infine Collepardo dal quale.vi sto scrivendo praticamente fuori dalla finestra perche' qui non prende bene il cellulare, per contro i problemi avuti alle bici dei giorni scorsi sembrano passati. Keep in touch. :-)
Subiaco, Sacro Speco di San Benedetto
4 AGOSTO
Resoconto del tappone di oggi: partenza da Collepardo e arrivo, finalmente, a Cassino, totale 60km. La giornata non e' inziata al meglio: non siamo riusciti a visitare le grotte di Collepardo perche' chiuse; per fortuna ci siamo rifatti sub
ito dopo con la bellissima Certosa di Trisulti, quella della.foto che vedete, un monastero splendido immerso nel bosco al quale siamo arrivati dopo una bellissima strada in mezzo ad una pineta secolare dei monti Ernici. Poi abbiamo raggiunto Casamari, con la sua famosa abbazia, e visitato Roccasecca, che ha dato i natali a s.Tommaso e che possiede le rovine di un antico castello nel punto piu' alto dal quale si gode un panorama meraviglioso su tutta la valle. Curiosita': la nostra raccolta di timbri sulla credenziale che attestano i posti dove siamo stati si sta arricchendo
Certosa di Trisulti
sempre piu' e desta vivo interesse quando la mostriamo e richiediamo nuovi timbri; un collega ciclista di Veroli incrociato dopo la Certosa di Trisulti si e' unito a noi e c' ha fatto da apripista indicandoci la giusta direzione. Un signore anziano a Roccasecca si e' messo in chiacchiere con noi incuriosito e ha elogiato il nostro viaggio dicendo che, avendo avuto l'eta', l'avrebbe fatto pure lui. Infine, vedere la sagoma del monastero di Montecassino (la nostra meta finale di domani) dalla trafficatissima via Casilina e' stato cmq emozionante. A domani per l'ultima tappa! :-)
5 AGOSTO
Grazie alla comunita' exodus che ci ha ospitato stanotte e ora partenza: 8km in salita da Cassino al monastero di Montecassino per l'ultima tappa...
Ecco i due ciclopellegrini arrivati finalmente alla meta del proprio cammino, l'abbazia di Montecassino. Come potete vedere siamo stanchi e affaticati ma soddisfatti per aver terminato il nostro viaggio nonostante le difficolta', con la consapevolezza di aver visitato posti magnifici ed esserci riappropriati di un po' del nostro tempo :-)
Al lungo week-end delle presentazioni, sono seguiti alcuni
giorni sui sentieri del Cammino: oltre che essere sempre un vero piacere ripercorrerli, credo sia fondamentale farli conoscere agli “amici del Cammino”. Sparsi lungo le
sedici tappe ci sono infatti uno o più “amici del Cammino”: persone di buona
volontà che hanno preso a cuore questo progetto, e che già si stanno dando da
fare in suo favore, curandosi di rendere sempre percorribili i sentieri; “rinfrescando” i
segnali o aggiungendone dove necessario, coinvolgendo le associazioni e gli
enti locali in attività di sensibilizzazione e valorizzazione del patrimonio
storico ed artistico di quell’”Italia minore” percorsa dal Cammino, così spesso
poco nota ai loro stessi abitanti. Così, dopo i giorni di Subiaco, mi sono
spostato sui Monti Lucretili, che pur essendo a due passi da Roma (Cima Coppi
sotto cui passa il Cammino, in linea d’aria dista appena quaranta chilometri
dal Cupolone…), sembrano distarne anni luce. Un mondo lontano da qualsiasi urbanizzazione,
spesso fatto da paesini che arrivano a malapena al paio di centinaio di
abitanti. Una realtà di emigrazione e spopolamento di interi paesi, attirati
dall’effetto-calamita esercitato, oltre che dalla Capitale, dalla vicina
Tivoli. E c’è anche chi è emigrato all’estero. Eppure, si tratta di deliziosi
paesini di montagna, dove il tempo ed i rapporti umani hanno ancora un valore,
ed i cui pochi abitanti hanno nel DNA una cortesia antica verso gli ospiti che
induce a rimanere e a ritornare. Così, si formano facilmente legami ed
amicizie. Antica terra Sabina, bella e struggente! Quanto sangue Sabino scorre
nelle vene di Roma, quanto la Sabina ha dato al glorioso passato della Città Eterna!
Il leggendario “Ratto delle Sabine”, non è infatti altro che una leggenda che
descrive in modo colorito e poetico una verità storica: Roma nasce dalla
fusione del popolo dei Latini, che risiedeva nella zona dei Colli, con quello
dei Sabini, tenace gente di montagna da cui senz'altro Roma ha attinto quel carattere fiero e valoroso che le ha permesso di costruire un
Impero. Pozzaglia, Orvinio, Percile, Licenza…piccoli paesi, tanta natura e una
grande Storia. Non è un caso che a Licenza il grande poeta latino Orazio fece edificare la sua sontuosa villa.
Licenza
Orvinio
Pozzaglia Sabina
Un’antica leggenda ci narra poi che ad Orvinio sia passato Carlo Magno in persona, che nell’817 vi avrebbe riportato una schiacciante vittoria contro l’esercito saraceno. E per onorare questa vittoria sarebbe stato lo stesso sovrano ad ordinare l’edificazione dell’abbazia benedettina di Santa Maria del Piano. Essa esercitò una notevole influenza su tutti i territori dei dintorni, toccando il culmine del suo prestigio nel XII secolo, per incominciare un lungo periodo di decadenza che l’hanno condotta fino allo stato attuale, in cui se la sta letteralmente “mangiando” la vegetazione. Eppure, Santa Maria del Piano è un piccolo gioiello ed il suo campanile romanico, visibile da ogni punto della piana tra Orvinio e Pozzaglia, un vero capolavoro.
Santa Maria del Piano
Ancora, il territorio nel Medioevo fu indissolubilmente legato al destino delle grandi Abbazie, in particolare quella di Farfa; e il Rinascimento lo vide legato alle grandi famiglie Romane, tra cui gli Orsini e i Colonna, che si alternarono nel possesso della zona. Un patrimonio insomma da riscoprire e valorizzare: e mi auguro che il Cammino servirà a far conoscere questo pezzo di nostra Storia, insieme alla straordinaria bellezza di questi luoghi…e chissà che qualcuno non vi faccia ritorno!!!
Per tornare agli amici Sabini, ad Orvinio c'è una coppia simpatica ed ospitalissima che, senza alcun dubbio, possono essere definiti come veri amici del Cammino: Simonetta e Maurizio, che fin dall'inizio hanno preso a cuore questo progetto, fin da quando arrivai al "Sorriso dei Monti" (il B&B gestito da Simonetta) una piovosissima sera di Giugno, con la bici praticamente resa inservibile dal fango...
Conoscere il Cammino significa poter essere d'aiuto ai pellegrini, mantenerlo in efficienza, promuoverlo. Così, una mattina di buon'ora (partito a piedi da Pozzaglia alle cinque, ritrovo ad Orvinio alle sei), con Simonetta e due sue due amiche, abbiamo ripercorso la tappa 9, quella da Orvinio a Mandela: una tappa che a suo tempo mi costò uno sforzo superiore a quello normalmente speso per le altre tappe, a causa di quei “sentieri poco praticati” cui faccio riferimento nella guida. Ciò fece sì che mi trattenni ad Orvinio e a Pozzaglia abbastanza tempo da potere riuscire appieno a gustare quello spiritus loci che ogni volta ti fa sentire bene, come a casa. L’attraversamento dei Lucretili, da Orvinio a Licenza prima e da Licenza a Mandela poi, è decisamente bello, e le riserve che nutrivo sulla sua chiarezza (credo che ciò emerga chiaramente leggendone il commento introduttivo) sono stati bellamente fugati dalle tre ragazze, cui mi sono accodato con un accordo preventivo alla passeggiata: “fate come se io non ci fossi”. Così, sono andato dietro a loro, con Simonetta che ci conduceva, guida alla mano: eravamo d’accordo che non avrei per alcuna ragione aperto bocca sul percorso o su eventuali dubbi, e le avrei seguite anche in caso avessero sbagliato strada. Risultato: partiti da Orvinio alle 6 del mattino, alle 9,30 eravamo a prendere un cappuccino nella piazza di Licenza; poi poco prima dell’ora di pranzo giungevamo senza problemi a Mandela, da cui ci facevamo venire a prendere. Con mia massima soddisfazione. Anche perché venivo a conoscenza di due alloggi appena inaugurati a Mandela, un punto tappa finora piuttosto scarso di posti letto (ho già provveduto ad aggiungerli alla pagina “aggiornamenti” del sito).
I Lucretili tra Orvinio e Licenza
Vista dei Lucretili
Il giorno seguente, con la solita brava quanto mattiniera Simonetta ripercorrevo per l'ennesima volta il magnifico tratto tra Pozzaglia ed Orvinio: quello che attraversa il Piano. Nella splendida luce e nella frescura dell’alba, prati, fiori, mucche, cavalli al pascolo, e visibile da ogni dove, il bel campanile romanico di Santa Maria. Uno spettacolo di vera bellezza: quadri indescrivibili, di cui le foto non rendono che una pallida idea…
Il Piano all'alba...
...
Camminando verso Santa Maria del Piano...
Pozzaglia Sabina, la cappella della Rifolta luogo di preghiera di Sant'Agostina
Così, giungevamo ad Orvinio giusto in tempo per la
colazione….