sabato 1 dicembre 2012

IL MESSAGGIO DI SAN BENEDETTO 3) La Discretio: Il dono del discernimento

Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)

In questo post analizzeremo la psicologia e la pedagogia sottese alla Regola Benedettina, prendendo in analisi la discretio: il principio del discernimento e della giusta misura. Requisito fondamentale non solo per il monaco, ma per qualsiasi persona che viva in una società di uomini.

PSICOLOGIA e PEDAGOGIA IN BENEDETTO
"La Discretio": il dono del discernimento

Benedetto nutre grande stima per la discretio, intesa come giusta misura e dono del discernimento degli spiriti. Dal punto di vista della vita religiosa, Benedetto rinuncia agli ideali troppo alti di ascesi, per calarsi invece sull'uomo con giusta e sapiente misura. La proposta di un ideale troppo alto di vita religiosa corre infatti il rischio di diventare per gli uomini una proposta di identificarsi con esso, e per ciò stesso anche un pretesto di fuga da se stessi. A Benedetto non serve reclutare membri alla sua comunità con test psicologici. Benedetto intende "istituire una scuola al servizio del Signore". E ci dice come intende portare a compimento la sua opera: "Speriamo di non stabilire nulla di troppo austero o gravoso. Ma se per un principio di equità, per correggersi dai difetti e conservare la carità sarà introdotto qualcosa di un po' più rigoroso, non lasciarti prendere subito dal timore e non allontanarti dalla via della salvezza, via che all'inizio non può che essere stretta" (Regola, Prologo, 45-48). Non è quindi a un grande ideale, né a una qualche grande opera che si deve aspirare; le esortazioni di Benedetto sono piuttosto al servizio dell'uomo e della sua salvezza. Per Benedetto al centro c'è l'uomo: un uomo da salvare, che deve trovare la via verso la vita. Benedetto prende gli uomini come sono, e perciò anche i deboli. Non proclama nessuna religione dei forti; si tiene altresì lontano da quell'entusiasmo che avrebbe potuto suscitare rincarando le esortazioni. Tenuto conto della debolezza degli uomini, vuol fare vivere anche i deboli. E ciò richiede un cammino della giusta misura, non calcolato su un ideale astratto, ma sull'uomo concreto. E' per questo che la proposta di Benedetto diventa una proposta di vita per molti. Benedetto non spaventa, ma incoraggia, rimette in piedi. Nonostante il suo realismo, di chi conosce le debolezze degli uomini avendone fatto esperienza diretta, Benedetto resta un ottimista, uno che anche ai deboli, ai tipacci, ai mediocri e a coloro che si angustiano per banali conflitti fa intravedere il cammino verso la vita. La discretio non è affatto una concessione allo stile di vita dominante. Intendere la discretio in questo modo sarebbe prendere un fatale abbaglio sul pensiero benedettino. Un monachesimo di stampo borghese non potrebbe mai rifarsi a Benedetto. Lui intende la discretio piuttosto come quella virtù che tutto mantiene in bell'ordine, "in modo che i forti abbiano ciò che desiderano e i deboli non siano costretti a cedere" (Regola, LXIV, 19). I forti devono sostenere e accompagnare i deboli. Per i monaci, ciò è segno di vera forza. Al giorno d'oggi, ce lo dice anche la psicologia, solamente chi è abbastanza forte da accettare le proprie debolezze può sollevare e accompagnare i deboli. E quando ci irritiamo con i deboli, spesso è perché ci fanno ripensare alle nostre debolezze, quelle che abbiamo tanto faticato a vincere e con le quali non vorremmo avere più niente a che fare. Dunque, dai forti della sua comunità Benedetto vuole che accompagnino i deboli, senza innalzarsi sopra essi, ben conoscendo le proprie debolezze e ringraziando per l'aiuto Dio, quell'aiuto che uno riceverlo per spartirlo con gli altri. Ciò finisce per incoraggiare deboli e forti, unendo tutti in quella grazia di dio da cui tutti sanno di essere sostenuti. La discretio come dono del discernimento è una virtù soprattutto dell'abate, virtù di chi si trova a condurre gli altri, educarli e forgiarli. Nel fare ciò, l'abate non deve giudicare con il criterio del suo io, dei suoi desideri e necessità; deve cioè essere libero da quella che oggi la psicologia chiama proiezione: libero dai propri problemi irrisolti, emozioni e impulsi che, non ancora chiariti, avesse proiettato sul mondo esterno. Bisogna che l'abate "detesti i vizi, ma ami i fratelli". Nel correggere agisca con prudenza e senza eccessi, perchè, volendo raschiare troppo la ruggine, non gli capiti di rompere il vaso; abbia sempre presente la sua fragilità, e ricordi che "non si deve spezzare la canna incrinata". Questo non significa certo che debba permettere che si alimentino i vizi; ma che li deve recidere con prudenza e carità, nel modo che gli sembrerà di maggiore utilità per ciascuno, cercando di "essere amato, più che temuto". "L'abate si ricordi sempre di quello che è e di come viene chiamatro, e sappia che a chi fu dato molto, molto sarà richiesto. Sia inoltre consapevole della difficoltà e delicatezza del compito che si è assunto di governare le anime, adattandosi ai diversi temperamenti che richiedono alcuni la dolcezza, altri il rimprovero, altri ancora la persuasione; sappia adattarsi e conformarsi a tutti, secondo l'indole e l'intelligenza di ciascuno, così da non subire perdite nel gregge affidatogli, rallegrandosi invece per il suo incremento" (Rgola, II, 30-32). Da ciò risulta evidente che Benedetto non si fa condizionare da ideali astratti o rigidi principi. Ha a che fare con uomini; l'abate deve adeguarsi a ognuno. Deve prendere ognuno com'è e interrogarsi continuamente sulla concreta volontà di Dio per ogni situazione. La discretio di Benedetto non ha niente a che fare con un rigido principio. Benedetto si fa incontro a ognuno, si adatta alla singolarità di ognuno. Tutto egli subordina all'intelligente capacità di giudizio dell'abate e non a una qualche regola fissata una volta per tutte. E' evidente la grande fiducia che Benedetto ha nella capacità di giudizio dell'uomo: una capacità di giudizio che in forza dell'ascolto dello Spirito di Dio, rende possibile vederci chiaro e decidere. La Regola di Benedetto non sarebbe altrimenti diventata nei secoli un manuale pedagogico. Ancor oggi la discretio si potrebbe adottare come un principio basilare per l'educazione dei giovani con migliore ragione di tante teorie pedagogiche basate su ideali astratti e non aderenti all'uomo concreto. A volte sembra che si vogliano piegare gli scolari ai concetti pedagogici, anzichè mettersi ad ascoltarne le vere necessità. Inoltre, la discretio benedettina può aiutarci ad avere gli uni con gli altri dei rapporti umani. Perchè oggi rischiamo di giudicare gli altri in base a criteri psicologici e di volerli cambiare, quando non li troviamo in linea con quei criteri. Senza nemmeno più accorgerci fino a che punto crediamo di sapere davvero cos'è buono per gli altri. Da Benedetto possiamo imparare a liberarci da tutte le nostre teorie psicologiche che spesso ci danno un'immagine falsata degli uomini concreti, per farci invece incontro al singolo senza pregiudizi , aprendoci benevolmente alla sua unicità.


Per approfondire: 
Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.
Regola Benedettina



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