Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza (Regola benedettina, prologo)
In questo post analizzeremo cosa Benedetto intenda per pax benedictina: la pace benedettina, uno dei cardini dell'intero messaggio di Benedetto. Un messaggio importante per ogni tipo di comunità: dal monastero, al luogo di lavoro, alla famiglia.
"Pax benedictina": la pace benedettina.
L'ideale di uomo in san Benedetto non è il grande artefice, il realizzatore di opere importanti, e nemmeno l'uomo con una straordinaria dedizione religiosa o il grande asceta; ma l'uomo saggio, sapiente e maturo che sa mettere gli uomini d'accordo tra loro, che crea intorno a sè un'atmosfera di pace e reciproca comprensione. Naturalmente, non si può cominciare di punto in bianco a essere uomo di pace. Perchè la pace può costruirla solamente chi ha fatto prima pace dentro di sè, si è riconciliato con se stesso, con le proprie debolezze ed errori, con le proprie necessità e desideri, con le proprie divergenti tendenze e aspirazioni. Costruire la pace non è un programma da sbandierare; deve piuttosto nascere dalla pace che uno si porta dentro. E questa pace interiore si raggiunge solamente con un'intensa e durevole battaglia per la propria intima sincerità e con la preghiera, in cui si cerca di capire ciò che Dio si aspetta dalle nostre e altrui debolezze. E' soprattutto dall'abate che Benedetto si aspetta che sia capace di costruire la pace. E la condizione più importante è che sappia guarire. Scrive Benedetto: "L'abate si prenda cura con ogni sollecitudine dei fratelli che hanno mancato, perchè non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati (Mt, 9,12)...L'abate deve prodigarsi con ogni accortezza e cura per non perdere nessuna delle pecore affidategli. Si ricordi di aver assunto la cura di anime inferme, non un potere dispotico su quelle sane...imiti l'esempio del buon Pastore, che, lasciate le novantanove pecore sui monti, andò alla ricerca di quell'una che si era smarrita, ed ebbe tanta compassione della sua debolezza da degnarsi di porsela sulle sue spalle e di riportarla all'ovile" (Regola, XXVII). La normale reazione alle debolezze dei nostri sottoposti è rabbia e collera. Piacerebbe a tutti poter andare orgogliosi della comunità che rappresenta: l'abate del suo monastero, il capo della sua ditta, il padre della sua famiglia. Ma se vi si trovano delle pecore nere, che danneggiano la reputazione della comunità, viene assai facile emarginarle. Su questo, Benedetto ci dice che colui che dirige una comunità deve liberarsi dal proprio orgoglio per farsi attento al singolo, nella sua debolezza, e occuparsene come il buon Pastore. E mentre sta dietro a lui, alla sua debolezza, conoscerà meglio anche la propria e la combatterà. Se si comporta in questo modo, dimostra di essere un vero medico, che vive in se stesso le ferite dell'altro, per sopportarle e portarle con l'amore salvifico di Dio. La pace non si può imporre, nè regolamentare con la disciplina; la pace deve svilupparsi su una base di amore abbastanza potente da farsi carico degli errori dei confratelli e sanarli. Ciò richiede che l'abate, o chiunque sia a capo di una comunità, abbia una capacità straordinaria di amare. La pace che l'abate deve costruire nella sua comunità non è però una pace imbelle, che si potrebbe ottenere cedendo sempre; al contrario, l'abate deve portare i conflitti alla luce. Per questo Benedetto dedica degli specifici capitoli della Regola alle ammonizioni e punizioni dei confratelli che hanno sbagliato. Le misure che propone, oggi potrebbero apparirci piuttosto drastiche. Il fatto è che Benedetto persegue i conflitti, ed è conseguente, ma non è rigido. Il suo principio supremo resta sempre la responsabilità che ha verso il debole, e il suo desiderio di guarirlo. Secondo Benedetto, in una comunità la pace regna quando ognuno ammette i propri desideri ed esigenze e se l'abate, con il dono del discernimento, decide fino a che punto può tenere conto delle necessità dei singoli. "Dice la Scrittura: veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno (At, 4,35). Con ciò non si vuol dire che si facciano preferenze, ma che si deve avere riguardo alle necessità dei più deboli. Chi ha meno bisogno, ringrazi Dio e non si lamenti; chi ha maggiori necessità, sopporti con umiltà il suo stato di bisogno, e non si insuperbisca per quanto gli viene elargito. Così tutte le membra saranno in pace" (Regola, XXXIV, 1-5). Condizione indispensabile per la pace è dunque che ognuno abbia e ottenga una giusta valutazione delle sue necessità. La necessità è l'ammissione di una debolezza. Però la necessità ha anche il suo diritto. E Benedetto ammette che questo diritto va soddisfatto. Oggi i sociologi appurano una crescente inettitudine alla pace. Nella società ha preso il sopravvento l'estremizzazione dei gruppi. I gruppi hanno disimparato a vedere gli altri in modo obiettivo, a capirne le giuste aspettative e prenderle sul serio. E troppo presto si arriva a farsi un'immagine ostile dell'altro, e lo si combatte. Oggi i costruttori di pace sono in cerca di un nuovo modo di vivere, in pace gli uni con gli altri. Ne dipende il futuro del mondo. Proprio da Benedetto potremmo imparare come si fa a creare pace. Benedetto non compila nessun grandioso programma di pace, ma fa pace intorno a sè. Così dovremmo fare anche noi. Perchè ogni programma comporta una parte di contesa. Oggi se ne compilano tanti, di programmi: anche sotto l'egida di ideali positivi, ma subito rivolti contro qualcosa o qualcuno. Così si finisce a spendere energie enormi in polemica, contro tutti quelli che hanno una concezione diversa dalla nostra! Benedetto si tiene ben lontano da questo genere di lotta. Lui non muove guerra a nessuno. In un mondo in cui gli uomini erano tutti gli uni contro gli altri, egli costruisce la sua comunità, lavora per far spazio in essa alla pace di Cristo. Nè ha la pretesa di darla come modello di pace al mondo. Senza nessuna ambizione di tramandarla, egli realizza intorno a sè una vita cristiana, e giorno dopo giorno lavora alla costruzione di una comunità cristiana dell'amore. Diventare uomini positivi che sanno costruire senza demolire gli altri: proprio questa è una delle più importanti raccomandazioni di Benedetto per noi uomini d'oggi. Con il suo tentativo di creare la pace nella sua comunità, Benedetto diffuse delle esperienze che agirono nei secoli, e contribuirono in modo determinante alla pace nell'Occidente del Medioevo.
Regola Benedettina
L'ideale di uomo in san Benedetto non è il grande artefice, il realizzatore di opere importanti, e nemmeno l'uomo con una straordinaria dedizione religiosa o il grande asceta; ma l'uomo saggio, sapiente e maturo che sa mettere gli uomini d'accordo tra loro, che crea intorno a sè un'atmosfera di pace e reciproca comprensione. Naturalmente, non si può cominciare di punto in bianco a essere uomo di pace. Perchè la pace può costruirla solamente chi ha fatto prima pace dentro di sè, si è riconciliato con se stesso, con le proprie debolezze ed errori, con le proprie necessità e desideri, con le proprie divergenti tendenze e aspirazioni. Costruire la pace non è un programma da sbandierare; deve piuttosto nascere dalla pace che uno si porta dentro. E questa pace interiore si raggiunge solamente con un'intensa e durevole battaglia per la propria intima sincerità e con la preghiera, in cui si cerca di capire ciò che Dio si aspetta dalle nostre e altrui debolezze. E' soprattutto dall'abate che Benedetto si aspetta che sia capace di costruire la pace. E la condizione più importante è che sappia guarire. Scrive Benedetto: "L'abate si prenda cura con ogni sollecitudine dei fratelli che hanno mancato, perchè non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati (Mt, 9,12)...L'abate deve prodigarsi con ogni accortezza e cura per non perdere nessuna delle pecore affidategli. Si ricordi di aver assunto la cura di anime inferme, non un potere dispotico su quelle sane...imiti l'esempio del buon Pastore, che, lasciate le novantanove pecore sui monti, andò alla ricerca di quell'una che si era smarrita, ed ebbe tanta compassione della sua debolezza da degnarsi di porsela sulle sue spalle e di riportarla all'ovile" (Regola, XXVII). La normale reazione alle debolezze dei nostri sottoposti è rabbia e collera. Piacerebbe a tutti poter andare orgogliosi della comunità che rappresenta: l'abate del suo monastero, il capo della sua ditta, il padre della sua famiglia. Ma se vi si trovano delle pecore nere, che danneggiano la reputazione della comunità, viene assai facile emarginarle. Su questo, Benedetto ci dice che colui che dirige una comunità deve liberarsi dal proprio orgoglio per farsi attento al singolo, nella sua debolezza, e occuparsene come il buon Pastore. E mentre sta dietro a lui, alla sua debolezza, conoscerà meglio anche la propria e la combatterà. Se si comporta in questo modo, dimostra di essere un vero medico, che vive in se stesso le ferite dell'altro, per sopportarle e portarle con l'amore salvifico di Dio. La pace non si può imporre, nè regolamentare con la disciplina; la pace deve svilupparsi su una base di amore abbastanza potente da farsi carico degli errori dei confratelli e sanarli. Ciò richiede che l'abate, o chiunque sia a capo di una comunità, abbia una capacità straordinaria di amare. La pace che l'abate deve costruire nella sua comunità non è però una pace imbelle, che si potrebbe ottenere cedendo sempre; al contrario, l'abate deve portare i conflitti alla luce. Per questo Benedetto dedica degli specifici capitoli della Regola alle ammonizioni e punizioni dei confratelli che hanno sbagliato. Le misure che propone, oggi potrebbero apparirci piuttosto drastiche. Il fatto è che Benedetto persegue i conflitti, ed è conseguente, ma non è rigido. Il suo principio supremo resta sempre la responsabilità che ha verso il debole, e il suo desiderio di guarirlo. Secondo Benedetto, in una comunità la pace regna quando ognuno ammette i propri desideri ed esigenze e se l'abate, con il dono del discernimento, decide fino a che punto può tenere conto delle necessità dei singoli. "Dice la Scrittura: veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno (At, 4,35). Con ciò non si vuol dire che si facciano preferenze, ma che si deve avere riguardo alle necessità dei più deboli. Chi ha meno bisogno, ringrazi Dio e non si lamenti; chi ha maggiori necessità, sopporti con umiltà il suo stato di bisogno, e non si insuperbisca per quanto gli viene elargito. Così tutte le membra saranno in pace" (Regola, XXXIV, 1-5). Condizione indispensabile per la pace è dunque che ognuno abbia e ottenga una giusta valutazione delle sue necessità. La necessità è l'ammissione di una debolezza. Però la necessità ha anche il suo diritto. E Benedetto ammette che questo diritto va soddisfatto. Oggi i sociologi appurano una crescente inettitudine alla pace. Nella società ha preso il sopravvento l'estremizzazione dei gruppi. I gruppi hanno disimparato a vedere gli altri in modo obiettivo, a capirne le giuste aspettative e prenderle sul serio. E troppo presto si arriva a farsi un'immagine ostile dell'altro, e lo si combatte. Oggi i costruttori di pace sono in cerca di un nuovo modo di vivere, in pace gli uni con gli altri. Ne dipende il futuro del mondo. Proprio da Benedetto potremmo imparare come si fa a creare pace. Benedetto non compila nessun grandioso programma di pace, ma fa pace intorno a sè. Così dovremmo fare anche noi. Perchè ogni programma comporta una parte di contesa. Oggi se ne compilano tanti, di programmi: anche sotto l'egida di ideali positivi, ma subito rivolti contro qualcosa o qualcuno. Così si finisce a spendere energie enormi in polemica, contro tutti quelli che hanno una concezione diversa dalla nostra! Benedetto si tiene ben lontano da questo genere di lotta. Lui non muove guerra a nessuno. In un mondo in cui gli uomini erano tutti gli uni contro gli altri, egli costruisce la sua comunità, lavora per far spazio in essa alla pace di Cristo. Nè ha la pretesa di darla come modello di pace al mondo. Senza nessuna ambizione di tramandarla, egli realizza intorno a sè una vita cristiana, e giorno dopo giorno lavora alla costruzione di una comunità cristiana dell'amore. Diventare uomini positivi che sanno costruire senza demolire gli altri: proprio questa è una delle più importanti raccomandazioni di Benedetto per noi uomini d'oggi. Con il suo tentativo di creare la pace nella sua comunità, Benedetto diffuse delle esperienze che agirono nei secoli, e contribuirono in modo determinante alla pace nell'Occidente del Medioevo.
Per approfondire:
Anselm Grun, "Benedetto da Norcia La Regola per l'uomo d'oggi", ediz. San Paolo.Regola Benedettina
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